SEMINARIO:
"La strada non esiste"

CONDUZIONE: Steve Bisson

SABATO 20 giugno ore 15:00 presso “Sala Conferenze” Villa Baruchello Porto Sant’Elpidio

La partecipazione al seminario, oltre a chi si occupa di fotografia, è particolarmente consigliata ad uno scenario intellettuale molto ampio: antropologia, sociologia, urbanistica umanistica, scienze delle comunicazione, filosofia estetica, letteratura, sono solamente alcune delle materie coinvolte nell’argomento trattato.

Siamo tutti figli di Platone in qualche modo. E se diciamo “strada” lo facciamo, sia ben chiaro, per intenderci. In verità però non esiste una strada. O meglio non esiste la strada. Ciò che esiste è l'idea che ognuno di noi si è fatto della strada, mediante un'esperienza visiva e sensoriale dello spazio.

Se ognuno di noi dovesse tratteggiare una strada, la disegnerebbe in maniera differente, connotandola a modo proprio. Probabilmente, chi abita la montagna ci restituirebbe un percorso a curve, più tortuoso di quanto potrebbe immaginare un abitante della pianura che ha una visione più rettilinea del mondo. Oppure, un cittadino metropolitano traccerebbe qualcosa che assomiglia più a un incrocio. La strada c'è, ed esiste, in relazione al contesto che essa attraversa.

La strada è uno spazio in cui ci si deve spostare, vuoi per una ragione o per un'altra. E se le ragioni sono cambiate nel tempo, non è tanto in vista della strada, ma del contesto. La strada potrà avere una corsia in più, o essere più o meno intasata, ma resta una strada. Se non capiamo questo carattere strettamente funzionale della strada, non possiamo capire perché essa costituisca, ormai da secoli, un luogo privilegiato per chi vuole raffigurare il mondo. E non capiamo nemmeno molto dell'immaginario collettivo, o delle idee che ci siamo fatti del mondo, che sono in larga parte costituite da visioni raccolte stando sulla strada. Parliamoci chiaro, nessuno guarda la strada, tutti guardano dalla strada.

Per la fotografia – e pensiamo al suo genere più diffuso, la street photography – la strada ha rappresentato il campo d'azione per definizione. Noi tutti abitiamo le strade, ognuno di noi reca un indirizzo stradale. Nelle strade muoviamo i primi passi, compiamo i primi spostamenti, e pian piano prendiamo visione del mondo. E il mondo è misurabile nel momento in cui è accessibile da una strada.

Il nostro senso di libertà è stato spesso raffigurato da una strada che punta l'orizzonte. E “Sulla strada”, guarda caso, è il titolo di un romanzo manifesto di una generazione che avvertiva il bisogno di muoversi oltre. Ora, nell'era della tecnologia siamo indotti a credere che la strada abbiamutato questa funzione, quasi fosse un organismo vivente. Non è così. Ciò che è cambiato è il paesaggio, siamo noi. Il vero cambiamento riguarda l'essere umano. Il vero e unico nemico dell'uomo, è l'uomo. Non è la strada. Quindi l'interrogativo che ci dobbiamo porre, la domanda sulla quale dobbiamo restare è un’altra. Se ieri ci chiedevamo cosa la strada poteva fare per noi, oggi abbiamo iniziato a chiederci cosa possiamo fare noi per la strada. In questo senso sì, sono d'accordo, occorre interpretare la strada come un "personaggio". Tuttavia questa interpretazione, frutto di un errare tecnologico o di un incubo sociologico, è ancora prima prodotta da un nichilismo, da un’inquietudine che si appropria di ogni incanto stravolgendone il senso. Ecco allora che la strada diventa qualcosa di dogmatico, uno strumento talvolta goffo, oppure egoista, violento o altro ancora. Ed è forte il tentativo di far rivivere il passato contro un presente angoscioso. Ma la strada resta la strada, un luogo teoretico di verità, dalla quale noi possiamo plasmare il nostro vedere, verificare la nostra condizione umana rispetto al mondo.

Se oltre un secolo fa, tra le vie di Parigi, i primi fotografi imprimevano sulle lastre di un banco ottico la loro realtà, oggi volendo ci si può accontentare di salvare con Street View delle immagini digitali prodotte da un'azienda multinazionale. Ciò che stiamo dimenticando è la sostanza dei processi. E in questo fare astrazione della realtà si intravvede un rischio di indeterminazione.
La fotografia anche se “di strada” è stata snaturata dal relativismo, non morde più, si dice. E non per assuefazione, ma perché non si capisce più dove finisca la realtà e inizi lo spettacolo. Tutta l'attenzione, anche nella fotografia come nelle arti visive in generale, si sposta quindi nei processi. Ci si occupa sempre meno volentieri della realtà, della sostanza. E come se non volessimo più guardare quello accade per strada. È come se ci accontentassimo di vedere solo ciò che sappiamo già, o ci è dato di sapere. Forse occorre guardare a “mente pura” al di là del bene e del male, sospendendo, per quanto difficile, ogni giudizio. Tornando ad abitare le nostre domande, più che le risposte.

Per partecipare al seminario gratuito e obbligatorio:
- iscriversi utilizzando l’apposito MODULO D’ISCRIZIONE
- essere tesserati petite maison des sons et lumières

Per i non tesserati è possibile partecipare previa formalizzazione del tesseramento come socio
ordinario versando la quota d’iscrizione di euro 5 valida a tempo indeterminato.
Il tesseramento potrà essere effettuato nello stesso giorno presso il luogo di svolgimento del seminario.

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La petite maison des sons et lumières è un’organizzazione no profit, l’intero ricavato viene utilizzato per lo sviluppo, per la ricerca, per l’investimento tecnologico e per i supporti didattici delle attività svolte.