L’idea di questa mostra nasce dalla convinzione che le Marche siano una regione da generazioni molto attiva e impegnata sul fronte fotografico; impegno che ha nel tempo proposto nuovi autori così apprezzati da far meritare loro un posto d’onore nei più autorevoli testi di Storia della fotografia italiana e internazionale.

Scelti fra i più significativi autori marchigiani, ho voluto rendere omaggio alla mia terra attraverso la magistrale opera di questi fotografi, offrendo al visitatore una rosa di interpretazioni visive ed emotive del territorio tanto diverse fra loro quanto vicine nel comune senso di appartenenza alle Marche.

Tre generazioni di autori che tracciano - in maniera simbolica e tutt’altro che esaustiva - dei precisi segmenti paesaggistici e interiori e che offrono uno spunto

di riflessione alla nostra ricerca di senso e bellezza. Immagini che si aprono nel loro silenzio per accompagnarci tra quiete e contrasti, al di fuori del documento, in noi stessi, tra il cielo e la nostra bella terra.

La cornice espositiva della mostra poi - “partita” da Morro d’Alba, piccolo borgo antico adagiato su una collina nei pressi di Senigallia - non è stata casuale in quanto il ritrovarsi nell'immagine, nel paesaggio stesso, una volta usciti dalla sala espositiva, deve per
me rappresentare una parte integrante dell’esperienza della mostra.
Naturalmente il "ritrovarsi" è da intendere anche come riconoscersi, nella propria terra e nell'identità presente, se pur troppo spesso abbandonata tra le abitudini che alterano la memoria; questa è la magia delle immagini scelte!

Il “passaggio del testimone” a Fermo di questa esposizione ora, non può che aggiungere senso alla mostra, dato che i centri di massimo interesse e attività fotografica sono da sempre proprio quello senigalliese e fermano.

Del più noto fra gli autori in mostra, mi piace qui riportare un appunto scritto da Mario Giacomelli sull’importanza della terra nelle sue fotografie. In queste sue parole egli riesce a esprimere - con semplicità - la mia gioia e fortuna di essere nata in questo meraviglioso luogo: “…A me interessano i segni che fa l'uomo senza saperlo, ma senza far morire la terra. Solo allora hanno un significato per me, diventano emozione. In fondo fotografare è come scrivere: il paesaggio è pieno di segni, di simboli, di ferite, di cose nascoste. È un linguaggio sconosciuto che si comincia a leggere, a conoscere nel momento in cui si comincia ad amarlo, a fotografarlo. Così il segno viene a essere voce: chiarisce a me certe cose, per altri invece rimane una macchia.”
Mario Giacomelli
(dal sito www.mariogiacomelli.it)

Simona Guerra