accolto dalle recensioni migliori, il primo disco di sixto diaz rodriguez si rivelò, dal punto di vista degli incassi, un grande insuccesso. dopo che anche il secondo album si rivelò un flop, il cantautore finì nell'oblio e, deluso dall’insuccesso, lasciò la chitarra per iniziare a lavorare come operaio edile. dopo quasi trent’ anni una telefonata dal sudafrica cambia all’improvviso la sua vita. sixto scopre che le sue canzoni sono state il simbolo della lotta all’apartheid e che il suo nome è entrato nella storia della musica in quel lontano paese.  sugar man è il racconto di una vicenda eccezionale che parla di speranza, di riscatto e della forza della musica.

 

I primi anni '70 del rock americano sono una stagione che definire memorabile è riduttivo per la quantità e qualità di offerta musicale (l'onda lunga dei '60 mescolata alle diramazioni rivoluzionarie che verranno, l'album che si afferma definitivamente sul singolo, e i generi che cominciano a mescolarsi in ibridi sempre più suggestivi). Una stagione talmente aurea da costare il semi-anonimato per talenti tutt'altro che trascurabili come Bruce Palmer, Shuggie Otis o Sixto Rodriguez. La parabola di quest'ultimo, però è così carica di curiosità e sfortunate vicissitudini da meritare un documentario che diviene dapprima un caso e in seguito un Oscar (per una volta) indiscutibile. Consolatorio, con tanto di happy end, una vicenda che è quasi una versione in negativo del sogno americano ma che si presta comunque all'apologo sentimentale del documentario-biopic, Sugar Man è stato capace di convincere tutti lungo il suo cammino, dall'appassionato di musica desideroso di scoprire tutto su Sixto Rodriguez, all'amante della vicenda " dalle stalle alle stelle ",fino al patito di docu-rock. Dopo due dischi coincisi con altrettanti insuccessi di pubblico Rodriguez svanisce nell'ombra ma conquista - restandone ignaro - un successo incredibile nella peculiare realtà del Sud Africa dell'Apartheid, in cui i testi spregiudicati del nostro sono visti come una spinta alla ribellione. Ne nasce un culto così diffuso e duraturo da spingere un appassionato e un giornalista ,entrambi sudafricani, ad indagare approfonditamente su Sugar Man e sulla sua scomparsa, ammantata nel mito. Lo svedese Malik Bendjelloul, scomparso prematuramente pochi mesi fa, ha confezionato astutamente tutti questi elementi in un racconto omogeneo, giocando nell'incipit sul mistero di un artista maledetto con inusuali inserti digitali "postumi" per poi approdare ai lidi rassicuranti del docu-rock classico e alla più classica delle storie di riscatto e redenzione. Un'operazione costruita con perizia che ha il merito di trascinarci dentro la storia, complice il talento adamantino dello sfortunato songwriter, talmente meritevole di una riscoperta da far sorvolare su ogni possibile difetto del film di Bendjelloul.