INTRODUZIONE ALLA FOTOGRAFIA MARCHIGIANA 
di Simona Guerra

Le Marche sono considerate da più di tre generazioni una “terra di fotografia”.
In questa regione, e in particolare attorno a due centri urbani - quali sono Senigallia e Fermo - si sono dapprima formati e poi incontrati molti autori che, in maniera differente, si sono distinti nel tempo per il loro lavoro e per la passione che hanno dimostrato, a vario titolo, nei confronti della fotografia.

Parrebbe un’idea bizzarra, di primo acchito, il credere che un luogo così defilato rispetto ai grandi centri italiani della cultura - quali sono sempre stati Roma, Milano o Torino, per citarne solo alcuni - si sia conquistato, nel tempo, un tale appellativo, soprattutto se conosciamo la quasi totale mancanza di comunicazione e scambio culturale/fotografico di cui le zone più isolate l’Italia hanno fortemente sofferto soprattutto a partire dal secondo dopoguerra.

Pare invece che le Marche abbiano vissuto una storia particolare, per ciò che riguarda la fotografia, perché nel tempo scambi e confronti sono stati numerosi e decisamente molto prolifici.

Il decennio più importante di questa storia rimane certamente quello degli anni ’50 durante i quali sono nate due “scuole” – antitetiche, quanto produttive - riconosciute come tasselli importanti per la comprensione della più ampia storia della cultura fotografica nazionale: a Fermo, attorno alla figura magistrale di Luigi Crocenzi (1923-1984), nasce nel 1954, e negli anni successivi si sviluppa, l’attività del Centro per la Cultura nella Fotografia, sin dal principio dimostratosi interessato ai legami che il mezzo fotografico poteva instaurare con altre arti quali il cinema, la letteratura, la poesia; a Senigallia, nello stesso anno, su iniziativa dell’intellettuale Giuseppe Cavalli (1904-1961) si forma il Gruppo Misa, un sodalizio di autori che credeva fortemente in una fotografia attenta alla composizione e all’opera come arte, slegata dal discorso sociale e interessata soprattutto alle forme geometriche, alle composizioni grafiche e meno al significato che il soggetto poteva restituire all’occhio dell’osservatore (come il nostro nascente foto-giornalismo italiano stava sostenendo in quegli stessi anni).

È con questi significativi stimoli che hanno iniziato il loro “viaggio” molti giovani fotografi appartenenti a una seconda generazione: Ferruccio Ferroni, Riccardo Gambelli, Eriberto Guidi, Romano Folicaldi, ed anche il più grande autore italiano del ‘900, Mario Giacomelli.

Successivamente, seppure in un tempo molto diverso da quello dell’associazionismo tipico del dopoguerra, ovvero attraverso un lavoro condotto in maniera molto più individuale, un’ulteriore generazione di autori seguita oggi qui ad operare nel segno della fotografia.

Autori come Eva Frapiccini, Giovanni Marrozzini, Lorenzo Cicconi Massi, Ignacio Maria Coccia, fra gli altri, stanno mostrando da un lato di aver mantenuto un legame forte e saldo con la tradizione fotografica in cui sono nati e cresciuti, dall’altro, stanno mostrando il loro (necessario) distacco da questa tradizione; un chiaro e sano segno di continuità di cui attendiamo con ansia di conoscere gli sviluppi nel tempo a venire.

È ovvio poi il fatto che queste poche righe affermino concetti e trattino solo una parte relativa alla storia della fotografia marchigiana e che siano molti i nomi dei fotografi e dei numerosi sodalizi che hanno reso (e seguitano a rendere) celebre la storia della fotografia nelle Marche.